sabato 21 maggio 2011

Il referendum del 12 e 13 giugno 2011

Tutti ne parlano, tranne i media "tradizionali".

Di cosa stiamo parlando

Il 12 e 13 giugno 2011 ci sarà un referendum abrogativo. I quesiti sui quali dovrà esprimersi la cittadinanza dovrebbero essere 4:

  • 2 quesiti sull'acqua
  • 1 quesito sul nucleare
  • 1 quesito sul legittimo impedimento

Perché c'è incertezza nell'aria?

Il Governo ha presentato un emendamento nel decreto Omnibus (un decreto-legge riguardante provvedimenti da attuare nel contingente per motivi di particolare urgenza). Questo emendamento, che abroga le norme relative al nucleare, deve passare lungo tutto l'iter legislativo previsto dalla nostra Costituzione. Così, è stato sottoposto al Senato il quale l'ha approvato. Ora è all'esame della Camera dei deputati. I lavori procedono lentamente. Se anche la Camera dei deputati approverà il documento, questo diverrà legge e dovrà essere promulgato dal Presidente della Repubblica. La Corte di Cassazione, qualora il testo passerà alla Camera dei deputati (il che, secondo fonti interne, avverrà entro la prossima settimana), avrà il compito di valutare se il quesito referendario sul nucleare potrà essere proposto, alla luce della nuova legge approvata.

Tradotto: Se il testo passa anche alla Camera, la Corte di Cassazione dovrà decidere se avrà ancora senso proporre un quesito sul nucleare al referendum, alla luce della legge che abroga le norme sul nucleare.

Tirando le somme

Il referendum ci sarà in ogni caso. L'incertezza riguarda solamente il quesito sul nucleare.

Questi tempi sono difficili e indecifrabili: ecco una infografica* che riporta un po' di chiarezza, per farci stare tranquilli, almeno un po'.

Infografica by Linkiesta

* Infografica di Linkiesta.it (qui il post).

Aggiornamento 1 giugno 2011 ore 12.32: la Camera dei deputati ha approvato l'emendamento il 26 maggio 2011. Oggi la Corte di Cassazione ha però deciso che il quesito sul nucleare ci sarà. Andiamo a votare.

venerdì 7 gennaio 2011

Istruzione e studio sono la strada per una futura classe dirigente

La speranza che dobbiamo avere è che si formino via via nuove mentalità. Come si formano le “nuove teste”? Con l’istruzione, studiando e siamo tutti qui per questo. È desolante vedere come va il mondo. Il premio per chi si da da fare è sempre più misero, e vanno avanti sempre più soltanto i più furbi. Se non ci difendiamo da tutto questo, ed è una responsabilità collettiva che tocca ciascun singolo, il futuro che immagino non è certo positivo. Studiare è la cosa migliore da fare. Chiaro, è un privilegio e non tutti, con grande dispiacere, non possono permetterselo. Se tutti noi studiamo di più, sarà più difficile che chi comanda possa essere un perfetto ignorante. Studiando di più, è possibile far emergere una classe dirigente più preparata. Quella di oggi ha studiato proprio poco. Oggi, che è in discussione la riforma, la mia abitudine a non allinearmi è chiamata a dura prova. Non riesco mai a trovare una proposta politica che mi soddisfi e in cui possa ritrovarmi armonicamente. Questa riforma non mi va proprio giù perché è proprio alla scuola che non vanno mai tagliati i fondi. L’istruzione deve essere pubblica, un qualcosa che lo stato deve promuovere nel suo interesse e in quello di tutti noi. Mai bisogna tagliare le possibilità garantite alla scuola, e intendo soprattutto la scuola primaria. È alla scuola primaria che si forma la gente civile, educata. È la scuola primaria che forma coscienze e insegna qualcosa che sarà poi appreso successivamente, nel corso della vita, come la lettura e il metodo di studio. Insomma, è la scuola primaria che pone le basi di una classe dirigente cosciente, preparata, critica ed etica. Se si arriva all’Università e già si è abbastanza tristemente disillusi da pensare che ciò che conta sia un pezzo di carta, abbiamo perso la sfida con noi stessi, con il nostro presente, prima ancora che con il nostro futuro. Se si capisce che studiare arricchisce prima di tutto, è un passo enorme. E questo avviene già dalla scuola primaria. Per questo ci devono essere risorse che puntano sempre più in alto. Così formiamo le “nuove teste”, così facciamo emergere la nuova classe dirigente. Vedete, oggi è un giorno molto fortunato: nella nostra zona c’è stato il passaggio definitivo al digitale terrestre. Ebbene, nessuno riesce a vedere alcun canale. Chissà che la gente oggi possa evitare di guardare le innumerevoli discussioni sui vari delitti di cronaca, preferendo la lettura di un libro. Tornando alla riforma, il bene principale è l’istruzione. Io stessa studio sempre, e soltanto lo studio ci può permettere di liberarci da tutto questo. È una vita che studio, e lo faccio assieme a voi: per preparare le stesse lezioni, c’è un lavoro periodico dietro. E quante soddisfazioni ho avuto? Pochissime. Sono sincera, l’Università così com’è non va salvata, ma va riformata. Non sono d’accordo con il Ministro ma nemmeno con i gestori di queste Università. Non è vero che i soldi li usano sempre per la ricerca, ci sono dei centri di potere in ambito accademico. Io li vedo camminare, muoversi, operare questi famosi “baroni”. Al posto loro avrei fatto tante cose in modo diverso. Per questo mi sento una non-allineata: né d’accordo con il futuro che ci sta portando la riforma, né d’accordo con l’Università di oggi. Vedo molte cose dal di dentro, e molti la pensano come me ma molte volte in questo ambiente, come in altri, la gestione avviene mediante logiche di potere personale e non con logiche orientate al bene dell’istituzione e del servizio che andiamo ad offrire, ovvero la possibilità di imparare. Impariamo e studiamo, tutti quanti insieme, prepariamoci un po’ di più: solo così costringiamo coloro che comandano a confrontarsi con un ambiente di qualità più alta. Se trascorriamo le giornate a guardare quei programmi che oggi per fortuna sono oscurati non andiamo da nessuna parte. Non è studiare per questo o quell’esame che ci porterà da qualche parte. Lo so, i furbi vanno sempre avanti: ne ho visti passare tanti davanti a me. Però, se ci si guarda in faccia e guardiamo a quello che facciamo con serietà, forse capiamo che vale la pena continuare ad inseguire questo miglioramento. Per lo meno, ci proviamo.

Parole di una docente universitaria.